Noccioline
Ho passato gli ultimi mesi di questo insulso periodo chiedendomi quando sarei stata di nuovo pronta, pronta a parlare senza soffocare dentro, a stare con le persone, anche se totalmente ignara della loro esistenza, ma soprattutto, quando le cose avrebbero di nuovo avuto un senso per me;
Sempre che fossi riuscita da qui a 70 anni a capire cosa realmente non è marginale.
Ho cercato di scavalcare qualsiasi tipo di dialogo emozionale, come ad un salto a ostacoli, che diciamocelo chiaro, si può tranquillamente paragonarmi ad un cervo in tangenziale stroncato da un ictus, anche se me la sono cavata discretamente senza farmi mettere sotto da un tir.
Si insomma, fino ad ora, o meglio, fino a qualche ora fa.
Adesso credo proprio che dovrò iniziare a parlare di Lui. Siamo pronti?
Lui; la tragica fine delle mie beate imprese immaginarie.
Sta per mettersi a piovere, lo si sente dall’aria stantia che tappa ogni angolo di milano, una goccia mi tocca la fronte ancor prima di avvertire che il diluvio universale sta riversandosi su di me. Alzo la testa per scrutare nello spazio vuoto le prime goccioline, che cadono sull’asfalto brillante e sopra i passi della gente, e una manifestazione si palesa nel mio minuscolo cranio; fai schifo al salto ostacoli, trovati un altro sport.
Ebbene si, sono riuscita in tempo a mettere il naso fuori dal mio stato di disdegno umanitario che mi è piombato tutto addosso come un monsone alle Bahamas, mangiando aragoste sulla spiaggia con tanto di bavaglino, ordinando drink con ombrellino annesso; ed è stato a quel punto che le Bahamas e le mie ciabattine antiscivolo si sono rimpicciolite sempre di più nella mia testa dando spazio all’inondazione di pensieri idilliaci.
Ecco che tornano alla mente le mie beate imprese immaginarie.
Insomma dicevamo, mi trovo in cucina mentre sto facendo gli affaracci miei, quando qualcuno entra nella stanza ed io mi giro per vedere chi.
Fine della storia, è successo cosi.
Fatto sta che un mese dopo mi ritrovo su una terrazza a bere vodka e mangiare noccioline con il cuore che mi chiede un time-out a fine partita per riprendere fiato, e lui è li, baciato dal sole, a pochi centimetri da me, mentre parla e mi sorride.
Lo guardo e mi sembra cosi naturale farlo, il suo modo di muovere la bocca, il colore dei suoi occhi, sembra che sia già successo, sembra che questo momento lo abbia già vissuto un milione di volte, e non riesco a capire come sia possibile. È naturale sentirsi così se stessi con una persona senza sapere chi abbiamo realmente difronte?
Il mio cervello va in auto-sabotaggio e mi accorgo che ho solo due opzioni;
O sputo il rospo, e nel peggiore dei casi mi butto giù dal palazzo per etica morale verso il mio cinismo, o le uniche cose che dovrò buttar giù sono altre noccioline per strozzare la miriade di stronzate che sto per dire. Inutile dirvi cosa abbia fatto.
Non gliel’ho mai detto, tutto questo.
L’ho guardato andarsene, uscire dalla mia porta di casa e salire sul treno.
Mi ha sorriso e in quel momento ho capito... Ho capito che sapeva già tutto, che forse anche lui quel giorno sulla terrazza si sentiva così strano da ammettere che stava bene, bene sul serio... ma sono comunque restata lì, ferma, a guardarlo andarsene, senza mai sapere come sarebbe stato, e che quella sarebbe stata l’ultima.
L’ultima volta per entrambi.